Il Ritmo

Abbiamo già detto altre volte che uno dei veicoli principali del prana è il respiro, bisogna capire la relazione che c’è tra i due per capire meglio il significato.

Patanjali negli Yoga Sutra dice che quando si realizza il pranayama si parla di respiro dentro o fuori e di sospensioni del respiro. Le pratiche di purificazione riguardano i 3 anga, precedenti al pranayama, dell’hastanga yoga: yama, niyama e asana.

I testi dell’Hatha yoga, invece, paragonano il prana al concetto di forza andando a “toccare” oltre all’aspetto fisico quello energico; per tale motivo le pratiche di purificazione riguardano gli shatkarman e gli asana.

In base a quanto suddetto possiamo notare che ci sono due modi di intendere il concetto di pranayama: Patanjali, come sua consuetudine, punta più sul mentale e sull’uso del respiro come mezzo per veicolare il prana, mentre nell’Hatha yoga la visione è più concentrata sulle forze vitali e, quindi, sul concetto di micro e macrocosmo.

Prima di sperimentare tali pratiche l’adepto deve essere focalizzato verso il proprio centro, deve essere interiorizzato per entrare in ascolto delle sensazioni e dei “luoghi” in cui si manifesta il prana stesso. Per rendere questo possibile si richiede un concentrazione molto alta, se fossimo protesi verso il mondo esterno questo sottilissimo filo che ci attraversa passerebbe inosservato!

Il ritmo del respiro è uno dei ritmi che fanno parte della nostra vita quotidiana, anche se noi non ce ne accorgiamo perché divenuto parte integrante.

Il rapporto tra la durata delle diverse fasi respiratorie è il RITMO.

In altri articoli relativi al pranayama abbiamo parlato di inspirazione/ritenzione a pieno/espirazione/ritenzione a vuoto, oltre alle loro durate. La modulazione delle varie fasi respiratorie, attraverso il ritmo, porta ad un equilibrio psico-fisico; lo yoga ci indica su vari testi classici e non che un respiro lento calma la mente portando ad una interiorizzazione ed avviando, così, il praticante alla meditazione.

Per arrivare a questo stato è necessario procedere per gradi:

– sedersi in una posizione comoda ed ascoltare il respiro naturale per entrare in sintonia con i propri ritmi (ritmo del cuore, durata delle due fasi respiratorie…)

– osservare come l’inspiro e l’espiro si modificano spontaneamente per via della chiusura verso l’esterno, tutto si calma e tutto si rallenta…Secondo il mio parere, in questa fase, l’uso dell’ujjayi è utile e necessario per assottigliare il respiro che già si è modificato naturalmente.

– allungare e/o modulare le fasi respiratorie nasce quasi spontaneamente dopo che siamo rimasti incantati da questo flusso che timidamente popola il nostro corpo.

– l’equilibratura, secondo me, nasce dalla necessità di conoscere di più noi stessi. Mettersi al servizio dei ritmi rispettando il proprio corpo e non andando oltre, sperimentare ritmo dopo ritmo se è possibile proseguire oltre oppure soffermarsi per far nostro il momento che stiamo vivendo.

I ritmi classici sono: samavritti pranayama e savritti pranayama.

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